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Le lotte per la casa alla Magliana
negli anni Settanta

di Bruno Bonomo


Il quartiere Magliana Nuova – comunemente noto come Magliana tout court – sorge nella periferia sud-occidentale di Roma, su una superficie delimitata ad ovest dalla ferrovia per Fiumicino, e sugli altri lati dal corso del Tevere, che forma a quest’altezza un’ansa a gomito.

La sua edificazione, ad opera di varie società immobiliari private, risale alla seconda metà del decennio 1960-70, e presenta più di qualche irregolarità. Grazie a singolari accordi con il Comune, le società costruirono infatti su un’area sita alcuni metri sotto l’argine del Tevere, ad un livello inferiore a quello di massima piena del fiume. Conseguentemente, gli edifici della Magliana risultano costantemente esposti al potenziale rischio di inondazione1


All’interno del quartiere si possono distinguere un’area più residenziale, di palazzine destinate al ceto medio, e una parte più popolare, di edifici intensivi addossati l’uno all’altro. Alcuni di questi fabbricati vennero acquistati da enti previdenziali; altri dal Comune, per essere affittati come case popolari.


Nei suoi primi anni di vita, il quartiere pativa rilevanti carenze sul fronte dei servizi. Mancavano l’illuminazione pubblica, una rete fognaria degna di questo nome, le strutture sanitarie, il verde attrezzato, i servizi culturali e ricreativi. Molte strade non erano asfaltate e la dotazione di scuole era assolutamente deficitaria. La Magliana si presentava dunque in questa fase come un vero e proprio “quartiere-dormitorio”. È in questo contesto che nei primi anni Settanta vi prese piede un ciclo di lotte per la casa che presentava rilevanti elementi di novità rispetto alle “tradizionali” forme di mobilitazione che si erano affermate a Roma nei decenni precedenti2. Storicamente, infatti, la lotta per la casa veniva gestita dal pci e dalle sue organizzazioni collaterali: Consulte popolari prima, unia (Unione nazionale inquilini assegnatari) poi. Un primo elemento di novità in questo panorama era stato introdotto dalla breve esperienza del cab (Comitato agitazione borgate), che raggruppava militanti di base del pci e del psiup ed attivisti del mondo cattolico e studentesco (1969-70).


A guidare le mobilitazioni della Magliana troviamo invece gruppi di base della nuova sinistra cosiddetta “extraparlamentare”: il Comitato di quartiere, che organizzava l’autoriduzione dei fitti, e il Comitato di lotta per la casa, attivo sul fronte dell’occupazione degli alloggi vuoti3. Le lotte promosse da queste organizzazioni alla Magliana inaugurarono un ciclo di mobilitazioni che si sviluppò poi in tutta la città, con caratteristiche nettamente diverse dalle coeve lotte gestite dall’unia (poi sunia - Sindacato unitario nazionale inquilini ed assegnatari). Anche l’unia in realtà, oltre ad organizzare manifestazioni e ad esercitare pressioni a livello politico e amministrativo, praticava l’autoriduzione dei fitti e l’occupazione delle case. Nella stessa Magliana ad esempio, negli alloggi dell’inpdai, famiglie che facevano riferimento all’unia pagavano i fitti ridotti del 30%. Ma l’unia promuoveva l’autoriduzione esclusivamente nelle case di proprietà degli enti pubblici e degli istituti previdenziali e assicurativi. Inoltre, almeno fino al divampare delle lotte della Magliana, la misura massima di riduzione del fitto che essa proponeva era appunto il 30% praticato negli alloggi dell’inpdai.


L’autoriduzione promossa dal Comitato di quartiere usciva invece da questi schemi. Da un lato, il Comitato organizzava gli inquilini delle case di proprietà delle società immobiliari private. Dall’altro, esso proponeva inizialmente l’autoriduzione nella misura del 50%, per poi adottare la parola d’ordine del «fitto al 10% del salario», pagando quindi 2.500 lire a vano/mese – quanto pagavano cioè gli inquilini delle case comunali della stessa Magliana.


Parallelamente, le occupazioni organizzate dall’unia con i baraccati erano di tipo prevalentemente “dimostrativo”, essendo in linea di massima volte a fare pressione sulle autorità per giungere attraverso una trattativa all’assegnazione agli occupanti di altri alloggi, diversi da quelli di volta in volta occupati.


Il Comitato di lotta per la casa invece, come gli altri comitati autonomi che nacquero a Roma negli stessi anni, puntava ad allargare lo spettro sociale degli occupanti – coinvolgendo i lavoratori, ma anche settori del ceto medio inferiore – e si poneva l’obiettivo della difesa e della stabilizzazione delle occupazioni. La linea dei comitati autonomi discendeva infatti da un assunto teorico centrale: la lotta per la casa altro non era che un’articolazione della più generale lotta contro il carovita che i “proletari” conducevano a partire dal conflitto di fabbrica per il salario. In quest’ottica, rispetto all’impostazione dell’unia, l’obiettivo della mobilitazione era spostato dal potere politico e amministrativo alle società immobiliari, alle quali – in quanto responsabili dirette dei processi speculativi – si voleva arrecare un danno economico tangibile, che fosse al tempo stesso una riappropriazione da parte degli autoriduttori e degli occupanti di quella parte del salario che veniva loro sottratta sotto forma di fitti elevati4


Queste divergenze ideologiche e operative nella conduzione delle mobilitazioni segnarono l’intera vicenda delle lotte per la casa della Magliana, intrecciandosi con il più ampio conflitto che negli anni Settanta vide contrapposti il pci e le forze della nuova sinistra. L’epilogo delle lotte si ebbe negli anni Ottanta, con un accordo per la vendita agli occupanti e agli autoriduttori degli appartamenti in cui risiedevano, a prezzi di favore e con la previsione di mutui agevolati.



Note

1. Cfr. B. Bonomo, Dalla borgata di Prato Rotondo al quartiere Magliana. Storia di una comunità di immigrati nella Roma del secondo dopoguerra, in “Giornale di storia contemporanea”, vi, 2003, 1, pp. 87-8.
2. M. Marcelloni, Roma: momenti della lotta per la casa, in A. Daolio (a cura di), Le lotte per la casa in Italia. Milano, Torino, Roma, Napoli, Feltrinelli, Milano 1974, pp. 85-124. A. Tozzetti, La casa e non solo. Lotte popolari a Roma e in Italia dal dopoguerra a oggi, Editori Riuniti, Roma 1989. A. Musci, Venti anni di lotta per la casa a Roma, in Cripes - Centro ricerche politiche economiche e sociali “Agostino Novella”, Società civile e istituzioni nel Lazio. Nuovi bisogni, movimenti, partecipazione, rappresentanze, Kairos, Roma 1990, pp. 25-54. V. Vidotto, Roma contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001, pp. 310 ss.
3. Comitato di quartiere (a cura di), La Magliana. Vita e lotte di un quartiere proletario, Feltrinelli, Milano 1977. G. Cretella, Analisi di una lotta urbana: la lotta del quartiere della Magliana a Roma, in M. Marcelloni et al., Lotte urbane e crisi della società industriale: l’esperienza italiana, Savelli, Roma 1981, pp. 105-34. M. Spada, Il potere periferico. La Magliana: un quartiere in lotta per una nuova città, Lerici, Cosenza 1976.
4. Cfr. Centro stampa comunista, Occupazioni di case e lotte sociali a Roma, in “Quaderni piacentini”, xiii, 1974, 52, pp. 49-74.
5. In generale, punto di partenza delle ricerche sull’argomento non può che essere la Guida alle fonti per la storia dei movimenti in Italia (1966-1978), curata da Marco Grispigni e Leonardo Musci per la collana Pubblicazioni degli Archivi di Stato – Strumenti (ministero per i Beni e le Attività culturali, Direzione generale per gli Archivi, Roma 2003).



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